mercoledì 15 giugno 2011

Tempo di vivere.



In questi giorni il mio corpo mi ha fatto sapere che, forse, così non si poteva andare avanti.
Nulla di grave. Giusto il caso di fare un pit-stop.

Sono quindi passato per ambienti che non ho mai frequentato.
Pieni di gente, molti anziani, ma anche qualche giovane.
Luoghi dove non vale la precedenza a chi arriva prima, o di chi è più teutonicamente organizzato.
La lista prevede priorità a chi stà peggio.
Una delle poche situazione in cui sei contento di essere ultimo e di passare quando nella sala d'attesa non c'è più nessuno.
Esiste una umanità dalla quale ci riteniamo estranei, situazioni lontane, di vera sofferenza, a cui pensiamo di non appartenere.

Sbagliato.

Noi viviamo senza guardarci veramente intorno, sempre orientati a guardare se stessi e le proprie piccole cose.
A urlare i nostri diritti, star dietro ai nostri miseri puntigli.
Dovremmo ogni tanto sederci per qualche ora in una sala d'aspetto di un pronto soccorso o di un DEA... e osservare le persone.
Pensare che non siamo diversi da loro.

E dopo aver trovato "lo zero", ripartire.
Ed anche la pioggia diventa una splendida scoperta.

Forse è quella la vera guarigione.

(15.6.2011)

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